Io e mio fratello Salvatore andiamo molto d’accordo,
non abbiamo mai litigato, salvo qualche volta quando
eravamo molto piccoli ma per delle cose da niente.
Dunque, dicevo... ah sì, meglio dire andavamo d’accordo
perché ora siamo divisi in due casse da morto diverse.
In ogni caso, gli avevo detto di non andare con quell’uomo
sui trampoli, glielo avevo detto in tutte le salse ma lui nulla,
incaponito come non mai, mi diceva sempre: “È simpatico,
ha un buon rapporto con me, mi dà tutte le caramelle che
voglio, perché non ci posso andare?”. A parlare con mio
padre, poi, tempo scaraventato nel pattume: non sapeva
fare altro che ripetergli: “Quando ti deciderai a crescere,
deficiente? Sei ancora piccolo e lento a capire certe cose,
ora svanisci e non rompermi le scatole fino a sera. Se
proprio non ce la fai, vai a seccare tuo fratello! Avanti
smamma!”. Questo era tutto quello che sapeva fare,
oltre a bersi tutte le lattine di birra... poi a chi toccava
andarselo a ripigliare il sabato sera? A me, era logico.
Con mia madre era meglio non parlare, sento ancora sulla
pelle gli schiaffoni lenti e indiscutibili di quando era tesa.
Mio fratello, quindi, si confidava con me. Io gli dicevo:
“Quello lì non è sano di mente, ha un’aria malefica,
non voglio che si avvicini a te, mi hai capito? Sul suo conto
gira voce che sia stato in carcere per infanticidio aggravato.
Non lo voglio vedere accanto a te, chiaro?”. Quello stupido
rispondeva di sì, ma poi che faceva? Correva subito da
quello lì! Io lo pescavo di nuovo con quella feccia umana
e mi imbestialivo moltissimo: “TE LO AVEVO DETTO, STAI
LONTANO DA LUI, A CASA LO DICO A MAMMA!”.
Mi ricordo di quella sera agghiacciante, mio fratello era
felice per quel mucchio di pulci che aveva raccattato per
strada, che però io avrei affogato in un secchio d’acqua.
Ad ogni modo, quel gattaccio schifoso che emanava
un’insopportabile puzza di munnizza era scappato, no?
Salvatore era corso verso di lui per arraffarlo,
inciampando in un tombino. Due secondi dopo era sparito
e, mentre lo cercavo, mi pentivo di essermi preso la
responsabilità di badare a quello scimunito. L’uomo
sui trampoli lo aspettava all’angolo, nascosto dalla
carcassa di un’automobile bruciata. Bene, quel figlio
di un diavolo sbucò a sorpresa! Gli bloccò la testa e
le braccia con una mossa fulminea, poi lo portò
dentro al cimitero. Io mi ero portato il fucile di mio
padre, cacciatore entusiasta, perché volevo ammazzare
il gatto e farla finita per sempre. Cavolo, sapevo che sarebbe
successo! Quel rimbambito di Salvo urlava, si contorceva,
cercando di liberarsi da quelle manacce che lo stavano
strangolando. Sì, lo so che è stato un errore mortale, ma
ero così attaccato a mio fratello… non potei fare a meno
di reagire facendo partire il colpo e ferendo l’aggressore
alla mano. Lui, dopo un urlo diabolico di dolore, mollò mio
fratello semi-svenuto e mi fissò con quei suoi occhi iniettati
del sangue delle sue vittime. Mi venne da vomitare e mi coprii
gli occhi per non vedere quella scena raccapricciante. L’uomo
sui trampoli era dietro di me e sentii un coltello che sibilò due
centimetri a lato della mia tempia destra. Sparai di nuovo ma
ferii per sbaglio mio fratello di striscio e gli urlai ”FORZA!
ALZATI! SCAPPA! A LUI CI PENSO IO!”. Ma il trampoliere si
era voltato verso mio fratello e... crac! Gli aveva spezzato il
collo. E poi? Mi aveva accoltellato? Aspettate: ho sbagliato,
mi ha sparato con il fucile di mio padre. Ricordo ancora la mia
testa che fa un brutale scatto all’indietro e la lapide macchiata
dal mio sangue. I miei parenti erano in lacrime, zia Evelina si era
strappata tutti i capelli, mio cugino era svenuto e neanche santa
Rosalia in persona lo poteva far rinvenire! (Ma non poteva svenire
prima? Non lo sopportavo più, si dava certe arie da defunto, e hai
visto a chi è toccato?), i nonni meglio non parlarne, ehi aspettate
un momento non proprio tutti piangevano. Mio padre non aveva
pianto né si era disperato. Anzi pareva troppo felice che noi due
ce ne fossimo andati via per sempre. Ma io comunque gli volevo
bene. Almeno era venerdì e il solito lavoro di
“prendi-quel-beone-di-tuo-padre” che mi spettava ogni sabato
sera me lo sono risparmiato.
30 ottobre 2019
22 dicembre 2018
Poesia di Natale
di Beatrice Sarti
Ed ecco, la poesia del Natale è giunta l'ora di narrare
La quale, con insistenza, la Capelli mi ha obbligata a inventare:
Nei mesi invernali per arrivare a scuola si attraversa una bufera,
ma per fortuna le luci dei viali carpigiani riscaldano l'atmosfera
Appena entrato nell'atrio 3, un bell'albero di Natale troverai di fronte a te
E con il presepe di fianco alla presidenza
Sentirai immediatamente di Gesù la presenza
Ma la vita neanche adesso è resa più semplice dagli insegnanti,
perché di compiti per le vacanze ce ne sono tanti.
L'ultimo giorno di scuola passerai ascoltando la corale,
tanti auguri a tutti di buon anno e di un buon Natale!
20 dicembre 2018
Iscriviti a:
Post (Atom)